Sara De Bellis

Mese: Agosto 2022

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Agostino Valente, giovane quanto ambizioso, si è lasciato alle spalle il ruolo da Executive Chef all’Hotel Tiber di Fiumicino, non cambia mare e conferma la sua scelta d’appartenenza. Giorgio Borrelli, vantando una lunga esperienza di gestione e marketing, decidere di mette in gioco la sua bella capacità di relazionarsi agli ospiti con quel tocco di cadenza campana che non guasta mai.

Insieme hanno preso il coraggio a due mani e sono salpati verso nuovi lidi, esplorando una cucina fatta di idee, stagione, pescato e abbinamenti tra verdura, frutta e frutti di mare. Il Ristorante si Chiama Borgo Salino, siamo a Fiumicino, e questo è il nostro racconto.

Da un mare all’altro, dalle sponde campane d’origine a quelle laziali d’appartenenza. È il viaggio di Agostino Valente e Giorgio Borrelli. Due marinai di cucina e sala che hanno navigato le acque, spesso inquiete, della ristorazione e adesso optano per una nuova rotta, una nuova avventura, più libera e da affrontare in due.

Come uno Skipper e un Timoniere perfettamente allineati, il primo è responsabile delle decisioni finali e delle tattiche di sala da mettere in atto durante la “regata di servizio”, il secondo conduce la barca nel migliore dei modi possibili, domando venti e maree. Entrambi fronteggiano le sfide quotidiane con energia, sicurezza e voglia di far sempre meglio.


Siamo Borgo Valadier a Fiumicino. All’interno di uno dei palazzi storici di questa città del litorale romano, Palazzo Noccioli, da pochi mesi ha aperto Borgo Salino.

Valente e Borrelli hanno fatto confluire in questo angolo di darsena le esperienze accumulate sino ad ora e la voglia mettere nel piatto nuovo mare da mangiare, portando in tavola qualità, idee e informalità.

Borgo, perchè siamo a Borgo Valadir. Salino perché trasformiamo tutto ciò che sa di sale.

Il luogo è raccolto e accogliente, arredato con gusto e moderna armonia. Spicca all’ingresso un bellissimo tavolo di Cedro del Libano, una rara “fetta” di tronco di qusto albero sacro simbolo di grandezza d’animo e di elevazione spirituale, su cui è singolare mangiare stando a contatto con la possente materia, osservando gli ampi i giri della sua vita. 

Oltre alla carte (della cucina e dei vini) ben organizzate, sorprende la grande attenzione grafica del menu, lo spessore della carta scelta, i dettagli del font che rimanda a elementi marini e vecchi stemmi marinari.

Pescato freschissimo, ricercatezza delle materie prime, rispetto della stagionalità ma anche innovazione e sperimentazione: il nostro menù non è mai lo stesso perchè non sappiamo cosa il mare ci regalerà di giorno in giorno.

Gli antipasti sono crudi o cotti, e vanno dal Gran crudo del Borgo Salino alle Tartare di pescato con frutta, dettate dalla stagione e dalla fantasia dello chef che ama aggiungere la frutta al pescato giocando con le note di freschezza, acidità, dolcezza e croccantezza.

Si arrivara poi alle riuscitissime Alici in carrozza, provola affumicata, indivia e ciliegia, complice una frittura asciutta e una panatura croccante, è interessante evoluzione della più nota “mozzarella in carrozza” arricchita dalle alici, dal fumo della provola, dall’amaro dell’indivia e dall’acidità della ciliegia, e poi il Bbq di polpo con piselli, yogurt e zenzero, anche qui interessante e giovane la rilettura del polpo – sempre in auge – qui in salsa BBQ che con piselli, yogurt e zenzero creano una bel giro di sapori.

Il pescato è del giorno. La pasta è Mancini. Il riso è Aquerello, l’olio Evo Quattrociocchi . Il Menu è trasversale e abbraccia i multisfaccettati gusti degli amanti della Cucina a Tema Mare.

Dai merluzzi locali, alla triglia, alla ricciola locale, fino ai crostacei pescati la mattina, gamberi rossi e viola tutti locali. La nostra filosofia è quella di lavorare sul pescato del giorno, e proporre sempre un menù differente. Il pane viene prodotto da noi, così come i grissini, la pasticceria e la pasta ripiena.

I Primi spaziano dagli Spaghetti alle vongoli e bottarga ai Mezzi paccheri con pesce di scoglio, il suo guazzetto, pomodorino del Piennolo e limone o i Pici acqua e farina con polipetti locali, cozze, friggitelli e pane croccante. Poi ancora le fritture, dalla paranza ai moscardini, e il pesce del giorno al forno, in griglia o in padella. Il Filetto di Tonno alle erbe con cipollotti glassati, millefoglie di patate e salsa alla cacciatora, risulta essere una bella intuizione che lega mare, orto e terra.

Il Polpo in Salsa Barbecue, prosegue lo chef, è un polpo verace che prima viene cotto a bassa temperatura, poi rosticciato in padella con salsa barbecue homemade.

Lo serviamo con crema di piselli e yogurt allo zenzero. Risulta essere un piatto particolarmente apprezzato grazie alla sua doppia consistenza.

Qualunque sia la vostra scelta, il Vostro appetito verrà sempre sollecitato dall’entrées dello chef. Nel nostro caso è stata una polpettina di alici e ceci, su crema di burrata e terra di olive nere a fare gli onori di casa; una sorta di felafel mediterraneo, un boccone per iniziare il percorso degustazione (a scelta tra “Palazzo Noccioli”, “Borgo” e “Salino”) o prendere tempo per scegliere dal calibrato e trasversale menu, abbraccia i multisfaccettati gusti degli amanti della cucina a tema mare e delle sue pressochè infinite combinazioni.

Apre la piacevole sosta il buon pane e grissini realizzati in casa con farina di tipo 2 dallo Chef Valente – che mostra di avere una bella predisposizione alla panificazione – servito con Olio Evo Quattrociocchi, verde nettare che omaggia l’oliva itrana e la ricchezza della costa laziale.

Chiudono i dolci impegnativi quanto golosi come il Sablè al cacao con mousse alla nocciola, passion fruit, caramello salato e banana, sempre realizzati dallo Chef, metre gli Amari della casa Vi riserveranno ancora qualche sorriso.

Borgo Salino

Via Torre Clementina 4 /  0686201994
00054 Fiumicino (Roma)

SITO

info@borgosalino.it

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Dal 26 al 28 agosto torna a Cerveteri l’appuntamento con “la Sagra dell’uva e del vino dei Colli Ceriti” alla sua 59esima edizione con la realizzazione della “Piazza del vino e dei sapori” per riportare sempre maggiore luce questo straordinario territorio dalle antichissime origini.

Stand enogastronomci, degustazioni delle cantine del territorio etrusco e laziale, intrattenimento musicale, gara della pigiatura, sfilate e carri allegorici sono solo alcuni degli ingredienti della grande festa d’estate di Cerveteri.

Da venerdì 26 a domenica 28 agosto, in occasione della 59esima edizione della “Sagra dell’Uva e del Vino dei Colli Ceriti“, Piazza Santa Maria a Cerveteri diventerà la grande agorà etrusca dedicata ai prodotti tipici dell’enogastronomia e alle realtà vitivinicole del territorio trasformandosi in una gremita “Piazza del Vino e dei Sapori”.

La Storia della Sagra

La Sagra dell’uva e del vino dei Colli Ceriti, si ricollega idealmente agli antichi riti pagani, feste vendemmiali che esaltavano l’uva e il vino. Con il tempo la manifestazione ha svestito i panni della semplice celebrazione della vendemmia e ha assunto il carattere di una festa popolare con il carattere rievocativo delle civiltà contadine.

Visto il successo delle tre precedenti edizioni organizzate da Momenti Divini e sempre nell’ottica di una opportunità turistica per il territorio, anche quest’anno la partecipazione è stata estesa alle aziende vitivinicole di altre regioni, al fine di creare occasioni di crescita e di confronto con le diverse realtà vinicole del poliedrico territorio italiano.

Attraverso la Piazza del Vino e dei Sapori, il vino è stato pensato quindi come risorsa culturale in grado di attirare attenzione, creare indotto e promuovere l’offerta turistica del territorio.

Rendere il Vino attrattivo significa riconoscergli un ruolo strategico nel comparto turistico, unitamente a quello di produrre diffusione e scambio di conoscenze.


“Dopo un anno di pausa e un anno a ranghi ridotti a causa delle restrizioni pandemiche, la tradizione ricomincia. Quest’anno la Sagra torna al suo antico splendore, con tutti quegli appuntamenti che da oltre mezzo secolo la rendono l’appuntamento più atteso dell’estate.

Abbiamo attraversato un momento estremamente difficile, anche per la cultura e la tradizione cittadina, che per due anni non ha potuto celebrare e omaggiare quelli che sono i suoi prodotti per eccellenza come il vino e l’uva – dichiara Riccardo Ferri, Assessore alla Pianificazione Territoriale e Sviluppo delle Risorse Agricole – la Sagra dell’Uva e del Vino dei Colli Ceriti, rappresenta la vetrina più bella per le eccellenze del nostro territorio.

Vino e Sapori diventano il volano per promuovere il territorio e creare nuovi indotti turistici in questa città dalle antichissime origine etrusche.

La 59esima edizione

All’organizzazione hanno infatti attivamente collaborato tutti gli imprenditori del territorio che, riconoscendo in questa festa una grande occasione di promozione per il proprio prodotto, hanno scelto Cerveteri; l’Amministrazione comunale di Cerveteri, in particolare tra l’Assessore alla Pianificazione Territoriale, Urbanistica e Rurale, Sviluppo delle risorse agricole e politiche di valorizzazione del patrimonio paesaggistico Riccardo Ferri; Giuliana Mariani, dell’Associazione Cerveteri 3.0, e Catia Minghi, consulente e direttore artistico di Momenti Divini, un’associazione presente sul territorio dal 2012 e che organizza corsi di avvicinamento al vino e corsi professionali per sommelier.

A Catia abbiamo chiesto di raccontarci qualche novità di questa nuova 59esima edizione.

Questa collaborazione ormai consolidata dal 2018 con l’amministrazione comunale di Cerveteri mi gratifica e riempie di orgoglio. In questi anni siamo riusciti a trasformare una classica sagra di paese in un salotto enogastronomico.

Abbiamo dato vita alla Piazza del Vino e dei Sapori, una manifestazione all’interno della Sagra dell’uva e del vino dei Colli Ceriti.

In piazza Santa Maria ci sono esclusivamente gli stand delle cantine dove sommelier in sinergia con i produttori, faranno degustare e forniranno informazioni sui singoli vini.

Nella Piazza, allestita per l’occasione con tavolini e barrique per l’appoggio, ci saranno stand di prodotti locali; taglieri di salumi e formaggi del territorio; pane di Cerveteri e panini con prosciutto e porchetta; maritozzi salati farciti, dolci della nostra tradizione e aperture sulle nuove tecniche applicate, come per gli affumicati di mare.

Le cantine presenti

I visitatori potranno degustare oltre settanta diverse etichette. I Produttori presenti e i Sommelier professionisti di MOMENTI DIVINI i quali, con la grande disponibilità e cortesia che li contraddistinguono, illustreranno le peculiarità di tutti i vini in degustazione.

Sarò dispnobile tra i vari banchi di assaggio – prosegue Catia Minghi – ad accompagnare tutti quei visitatori che saranno curiosi di avere maggiori informazioni sui territori e sulle produzioni, spiegandone le caratteristiche organolettiche.

27 Cantine in tutto – di cui 12 locali e 15 ospiti – saranno presenti per far degustare le proprie etichette e fa conoscere la propria filosofia di produzione: Agr. Poggio della Stella; Cantine Capitani; Az. Agr. Valle del Canneto; Az. Agr. Lopes; Az. Vit. La Rasenna; Soc. Vit. Onorati; Cantina Morichelli; Cantina Belardi; Cantina Ferri; Cantina Cerveteri; Cantina castello di Torre in pietra; Cantina oliveto; Cantine Ospiti; La Bioca; Marco Capitoni; Az. Agr. M.Menichetti; Tenuta La Pazzaglia; Azienda Agricola Papalino; Azienda Agricola Piancardo; Terre d’Aquesia; AZ Agr bio Lotti; Vin Viandante; Tenuta Cavalier Mazzocchi 1919; Cantina Pizzogallo; Colle Uncinano; Le Vigne di Clementina Fabi; Cantina Pliniana; Cascina Carrá.

Quattro le realtà locali presenti nella Piazza Santa Maria per l’offerta di cibo, Arianna Pietrolati del Ristorante Arià , Sara Ilari de La Bottega di Sara, Marco Ripani de La Grotta e Marco di Battista di 30 Km di Gusto.

A far da cornice alle degustazioni delle aziende del territorio in Piazza Santa Maria sono previsti ogni sera momenti di intrattenimento musicale, le aperture straordinarie del Museo Nazionale Cerite – dove, per l’occasione, sarà allestito un percorso espositivo appositamente dedicato al tema della Sagra e al significato del vino per gli Etruschi – non mancheranno infine gli appuntamenti rituali di questa manifestazione, come la gara della pigiatura, la sfilata dei carri allegorici e i tanti spettacoli che da sempre accompagnano la bella e coivolgente manifestazione.

L’entrata è libera, per degustare occorre munirsi di ticket comprensivo di calice e taschina al costo di
€ 10,00 per 8 degustazioni e di
€ 7,00 per 4 degustazioni

Con l’acquisto del ticket degustazioni si potrà votare il vino bianco o rosso preferito dal pubblico.

Ogni sera a mezzanotte ci sarà anche l’estrazione di un premio tra partecipanti alle degustazioni.

Nella serata di domenica si procederà allo spoglio dei voti e verranno premiati i vini, bianco e rosso preferiti dal pubblico.

Vuoi Maggiori Info? Clicca QUI!

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Una metamorfosi architettonica di gran pregio, un lavoro certosino e appassionato, un recupero di valore dai ricami dei cuscini agli alti soffitti. Si chiama Palazzo BN, sigla che rimarca la storica sede del “Banco di Napoli” nel centro storico di Lecce.

Da questa prestigiosa quanto imponente testimonianza stilistica degli anni Trenta, sono state ricavate cinque tipologie di suite dotate di tutti i comfort; un regno di ospitalità e gastronomia tipica in chiave contemporanea a più livelli curato dell’executive chef Simone De Siato; ampi spazi da vivere che vanno dall’area fitness nelle segrete dell’originale Caveau al Green Rooftop per memorabili aperitivi, eventi e concerti tra gli alberi di città.

Cuore pulsante del Salento, Lecce incanta con il suo centro storico icona di strepitoso barocco e splendido mare alle porte. Il suo stile è inconfondibile, definito dalle sue mura, dalla pietra locale calda e dorata alternata alle ricche decorazioni di edifici, balconi e terrazze. La sua atmosfera è vibrante, antica e moderna nelle grandi piazze così come nel labirinto dei suoi eleganti vicoli. 

Il progetto del faraonico recupero della sede storica del “Banco di Napoli” porta la firma dell’imprenditore René De Picciotto che, assieme all’architetto Lucia Bianco e l’ingegnere Luciano Ostuni, hanno ripensato i grandi spazi un tempo popolati da uomini con il cappello e donne con collane di perle, nel massimo rispetto del fascino del tempo, donando nuova luce ai rivestimenti in marmo, ai caveau, alle cassaforti, ai lampadari.

La ricerca dei materiali e la presenza di aziende leader nel settore, hanno conferito all’immobile un aspetto moderno e fresco realizzato interamente da maestranze locali per espressa volontà della committenza.

La Food Court di Simone de Siato

Lo scopo cardine di Palazzo BN è quello di offrire un’esperienza di lusso caratterizzata da calore e ospitalità, design e comfort, sapore e contemporaneità.

La Food Court è aperta a tutti, così come il Roof Garden con giardino pensile per aperitivi en plein air, il Ristorante Gourmet (il RED, di cui vi abbiamo già raccontato qui) capitanato dall’Executive chef Simone De Siato e dal maitre Giovanni Tortora; il Banco Lounge Bar – l’elegante bar guidato da Mauro Urro, bartender collaudato per un drink sull’antico bancone che ha visto passare la storia economica di Lecce – l’Ammos Fish Bar sia all’interno del Palazzo o nel suo bel cortile esterno.

L’Ammos Fish Bar & l’Ammos Fish Bar + Il Cortile

La pluratità e la qualità dell’offerta gastronomica sono tra gli elementi distitivi di questo luogo, che fanno la differenza in una città che non aveva ancora la possibilità di familiarizzare con il concetto “ristorazione d’albergo”.

“Spesso al sud l’idea di venire a cena in albergo risulta difficile. ma siamo fiduciosi, Palazzo BN è davvero unico”, racconta Chef De Siato.

Simone De Siato, leccese Doc, classe 1988, ha arricchito il suo percorso con diverse tappe come quelle al Four Season di Firenze, all’Art Hotel di Lecce, alla Boscolo Etoile di Tuscania – in cui ha ricoperto il ruolo di docente – e una breve ma significativa esperienza all’Osteria Francescana di Massimo Bottura.

L’Ammos Fish Bar vive di due dimensioni, una interna e una en plain air, entrambe di pregio. La cucina di Simone è diretta e creativa, semplice e intrigante, di sapore, contenuto e porzione, di stagione e territorio.

Sempre elegante, riesce a modulare o a creare nuovi contrasti con il sapiente uso delle materie prime, siano queste di orto, di terra o di mare. Crudi, primi e secondi freschissimi rivisitati con cotture e combinazioni tra sapori dettati dalla voglia di appagare l’ospite – locale o intrenazionale – e quella di rileggere la tradizione con la freschezza della modernità.

Il menu annovera piatti come “Ombrina marinata agli agrumi con fichi, caprino e mandorle tostate” e l’ottima “Ricciola affumicata, melanzane e aioli” che attinge alle nuove tecniche del dry aged fish affiancandolo al sapore antico delle melanzane alla scapece e menta; poi “Cozze gratinate”, “Polpo in pignata con crostini all’origano”; e ancora Pizze, Fish Burgers e focacce come la “Fattizza” con Fichi salentini, crudo San Daniele, stracciatella fresca. Immancabili i Primi come “Spaghetti Cavalieri con vongole veraci, bottarga e salicornia” e il pescato fresco da scegliere direttamente in vetrina e da cuocere al forno, al sale o alla plancia.

Interessante la carta dei Vini e quella dei Cocktail al “Banco” in continua evoluzione di Mauro Urro, Head bartender di Palazzo BN, come dimostra il suo “BN Collins” sperimentale con acqua di mare, Gin Numa, emulsione di olio Evo, limone e botaniche mediterranee.

La Struttura

Le stanze sono dotate di tutti i comfort, quali cucina e arredi pregiati. La struttura si distingue infatti grazie all’inconfondibile stile tardo-ottocentesco con tutte le particolarità rappresentative dello sfarzo precedente che sono state messe in risalto.

Le venature originarie dei pavimenti sono state lasciate intatte proprio per evocare le atmosfere del passato, mescolate ad elementi dal design contemporaneo.

«Abbiamo trovato una qualità eccezionale dei materiali – ha commentato Bianco – Anche i caveau della banca erano integri. Abbiamo recuperato alcuni pavimenti, i rivestimenti in marmo, le casseforti, le porte con le quali abbiamo costruito degli armadi» che oggi trovano spazio nelle camere.

E poi le grate esterne in ottone, i lampadari alcuni dei quali fanno ancora bella mostra di se nelle sale del palazzo. «É un involucro che guarda alle esigenze della città e guarda al mondo», presegue Ostuni. 

La Colazione

Essendo ogni suite-appartamento autonomo, quindi dotato di angolo cottura e corredi di cucina, lo Chef Simone De Siato, d’intesa con il General Manager Marco Cagnetta e il Restaurant Manager Gianni Tortora, hanno preferito la soluzione della “colazione in camera” per tutti gli ospiti.

Si ordina la sera decidendo tra quella Dolce o Salata e si consuma in totale libertà. Si può scegliere una portata per categoria tra i prodotti da forno realizzati da Federica Finzi o più sostanziose uova, sandwich e salumi. Centrifugati e caffè fuori orario Vi aspettano al Banco.

Il Fitness

Gli amanti dello sport apprezzeranno la Wellness Boutique, un vero e proprio tempio del benessere che consente di tenersi in forma anche tramite sistemi avanzati di allenamento digitale.

Si scende nel caveau e può scegliere tra due modalità di allenamento: con personal trainer specializzati che studieranno percorsi adatti alle vostre esigenze o in modalità autonoma attraverso percorsi pre-configurati.

Angolo energico e di defaticamento; mele verdi, acqua e tisane sempre a disposizione dei graditi ospiti.

Palazzo BN a Lecce
Via XXV Luglio
Tel 0832 408721

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Si terrà a Melpignano (LE) il 27 agosto 2022. Parliamo del Concertone de “La notte della Taranta“, festival dedicato alla valorizzazione delle tradizioni e della musica popolare salentina fusa al rock, al jazz e alla musica sinfonica. 

Ogni anno conta circa centocinquantamila spettatori e, come da tradizione, un Maestro Concertatore è chiamato a reinterpretare i “classici” della tradizione musicale locale con musicisti salentini e grandi ospiti.

Per la sua 25esima edizione sarà Dario Faini, in arte Dardust, ad accompagnare grandi ospiti come Elodie e Marco Mengoni, Stromae, Samuele Bersani e Massimo Pericolo con L’orchestra Popolare della Taranta. Ma quali sono le sue origini della “Taranta”? E quali sono i cibi votivi della Grecia Salentina? Scopriamolo insieme.

Le Origini della Taranta

Il battito cardiaco del Salento? E’ scandito a ritmo di Pizzica e Taranta, ovvero quell’insieme di musiche e balli forsennati, scatenati dal velenoso morso della tarantola, potente ragno con la fama di pizzicare le donne sotto le vesti d’estate, durante il periodo della mietitura del grano in queste misteriose terre-ponte tra Oriente ed Occidente.

Castagnette, tamburelli di pelle di capra, fisarmoniche e cimbali di latta battono il tempo frenetico di una danza in trance, un ballo convulso, in preda agli spasmi epilettici che marcano i tratti distintivi della Pizzica, intensa e affascinante variante salentina delle tarantelle, comune denomitare musicale delle tradizioni popolari del Sud Italia.

La cura per le “tarantate” – che, negli strati più profondi, rappresentavano l’emblema della frustrazione psichica e sociale della donna salentina di quei tempi – era rappresentata dalla Musica e dal suo potere coreutico-catartico: il ritmo incalzante di una danza sfrenata era la terapia che dettava il tempo per smaltire il veleno e/o quello di liberarsi dalle proprie angoscie e oppressioni simulando le movenze dell’animale fino allo sfinimento, fino a liberarsene.

Esorcismo in Musica tra fascino, leggenda e realtà

Non a caso, tale fenomeno fu anche definitoesorcismo musicale, in quanto il loro stato di coscienza, già alterato, era esasperato dalla danza continuata per ore e ore. Secondo la leggenda, l’esorcismo ha inizio quando ai primi sintomi venivano chiamati i musicisti affinché questi suonassero la famosa pizzica. In base ai movimenti della tarantolata era possibile comprendere quale animale l’avesse morsa in base alle reazione agli stimoli sonori. Per far morire la tarantola era necessario mimarne le movenze, ballarci insieme e, anzi, personificare il ragno mentre danza, in funzione di un’assimilazione che diviene catarsi e liberazione.

La Notte della Taranta

La Notte della Taranta è un evento di musica folklorica che nasce nel 1998 per volere dell’Unione dei Comuni della Grecia Salentina. La coinvolgente e coinvolta kermesse celebra e valorizza, con cadenza annuale, la cultura e le tradizioni del Salento allo scopo di recuperare e non disperdere dialetto, sapori, costumi e musiche di queste intense terre.

Accorrono in Salento da ogni parte d’Italia per ascoltare e ballare nella Notte della Taranta i ritmi forsennati di pizziche e tarantelle. Il festival si svolge nel mese di agosto e culmina in un concerto presso Melpignano, in provincia di Lecce.

Il simbolo che campeggia sul palco è un ragno dalle zampe arcuate, che richiama il tarantismo, fenomeno ormai pressoché scomparso e tipico della Grecía salentina, ossia di quei territori nel sud dell’Italia dove, migliaia di anni fa, i greci fondarono diverse colonie.

L’evento si tiene nel mese di agosto e fa tappa a Corigliano d’Otranto, Sogliano Cavour, Zollino, Cursi, Sternatia, Martignano, Carpignano Salentino, Calimera, Soleto, Alessano, Galatina, Cutrofiano, Martano e Melpignano dove si tiene il Concertone che ogni anno vede salire sul palco artisti di fama nazionale e internazionale che danno vita a un evento unico nel suo genere, al contempo ancestrale e moderno.

Il Concertone della 25esima edizione

“Venticinque anni è inevitabilmente un’età di bilanci, a cui, in fondo, è anche giusto non sottrarsi, ha detto Luigi Chiriatti, direttore artistico del Festival Itinerante.

In particolare in un territorio come il Salento, questo periodo è stato caratterizzato da un fortissimo impulso turistico e culturale, di cui la “Notte della Taranta” è indiscussa protagonista, per quanto riguarda la diretta ricaduta sul territorio, ma anche per aver portato oltre qualsiasi confine i suoni e i ritmi, che venticinque anni fa potevamo dire “nostri” ma che oggi appartengono a un immaginario collettivo condiviso. Parole come pizzica e taranta sono oggi universalmente riconosciute.

Da queste considerazioni nasce l’edizione 2022 del Festival Itinerante La Notte della Taranta; dopo un viaggio lungo venticinque anni, guardarsi indietro e trovare degli amici, quelli che un tempo erano giovani riproposte della musica popolare salentina, oggi sono realtà affermate, che insieme con l’Orchestra Popolare, sono diventati ambasciatori di questa musica nel mondo. Una festa della pizzica pizzica allora, in un momento storico e culturale cruciale, per gli eventi noti, ma anche per quanto appena trascorso, ballare ritrova il suo valore catartico”.

400 artisti coinvolti, 100 ore di live show, per festeggiare il ritorno del pubblico nelle piazze. Un fetsival partito il 4 agosto a Corigliano d’Otranto, e che come una ragnatela ha toccato il 5 agosto San Vito dei Normanni, 6 agosto Nardò, 7 agosto Sogliano Cavour, 8 agosto Nociglia, 9 agosto Cursi, 10 agosto Galatone, 11 agosto Carpignano Salentino, 12 agosto Alessano, 13 agosto Racale, 14 agosto Lecce, 16 agosto Ugento, 17 agosto Zollino, 18 agosto Galatina, 19 agosto Castrignano de’ Greci, 20 agosto Cutrofiano, 21 agosto, fa tappa a Calimera.

Prosegue il 22 agosto a Martignano, il 23 agosto a Soleto, il 24 agosto a Sternatia, il 25 agosto Martano e il chiude in grandezza 27 con l’atteso Concertone di Melpignano.

“E’ sempre un orgoglio collettivo riuscire ad organizzare una manifestazione di questo livello che interessa 21 comuni del Salento per poi concludersi a Melpignano. La ricchezza del progetto partendo dalle origini, dalle fonti è la ricerca, ha evidenziato Valentina Avantaggiato sindaca di Melpignano.

I Super Ospiti 2022

Un ritmo identitario ma aperto al dialogo, al confronto, alla contaminazione, alla moltitudine dei linguaggi espressivi. La Notte della Taranta ha aperto i confini della cultura popolare salentina fino al 1998 considerata subalterna, ha reso possibile l’affermazione di numerosi musicisti e gruppi di riproposta che grazie alla Notte della Taranta hanno collaborato con centinaia di artisti italiani e internazionali.

 La notte della Taranta 2022 andrà in onda su Rai 1, in diretta, il 27 agosto 2022.

Per saperne di più clicca qui

La fondazione che organizza ogni anno l’appuntamento – quest’anno il maestro concertatore sarà Dardust – aveva già annunciato grandi nomi per il concertone: primo tra tutti la star internazionale Stromae, ma anche Samuele Bersani che interpreterà un brano simbolo della tradizione, Lu ruciu de lu mare, e proporrà una versione pizzicata di Chicco e Spillo. E poi sul palco salirà pure il rapper Massimo Pericolo. Insomma, una commistione di generi differenti che per l’occasione saranno legati dai ritmi della taranta, ai quali si aggiungerà il pop trascinante di Marco Mengoni e Elodie nelle duplici vesti di cantante e danzatrice insieme al Corpo di Ballo della Taranta diretto da Irma di Paola per la “Pizzica di San Vito”.

Lo Scèblasti: un pane da sballo che parla griko

Affonda le sue radici nell’antichità. Sa di mediterraneo e sole caldo del sud. Si presenta come una sorta di focaccia bassa, rossastra e senza forma precisa, che lascia intravedere olive e ortaggi; nasce come pane votivo offerto durante le cerimonie del culto di Demetra, divinità della semina e della campagna, da parte dei contadini per augurarsi un buon raccolto.

Lo scèblasti è un pan-focaccia che racchiude tutto il gusto della genuinità di questa terra di sole, mare e vento. A Zollino, storica località della Grecìa Salentina, la sua ricetta originale è segreta e si tramanda di generazione in generazione.

Nonostante questo pane sia stato inserito nell’elenco dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PAT), non sono tantissimi i forni di Zollino che ancora oggi producono il tradizionale scèblasti.

La Notte della Tarantae il suo tour itinerante rappresentano un’ottima occasione per assaporare e assimilare le antichissime tradizioni di questo misterioso tratto di costa d’Italia, crocevia di popoli e misteri, storie e culture.

Se non avete in programma un viaggio in Salento potete facilmente preaparalo a casa cliccando QUI. Anche se il nostro consigli, come sempre e appena potete, è quello di mettetevi in viaggio!

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Originario di Zollino, risalente alla Magna Grecia, questo pane devozionale ricco di passato e sapore, ha il gusto intenso del Mediterraneo. La sua ricetta si tramanda da generazioni, il suo nome racconta riti condivisi e contenuti senza forma. Scopriamo insieme la sua storia e come preparare lo scèblasti, icona da mangiare della Grecia Salentina, prima che la nostre radici vengano polverizzata dal mixer del tempo.

Con la sua storia lunga e il sapore intrigante, lo scèblasti è una focaccia che racchiude tutto il sapore della genuinità delle terre di Puglia. A Zollino, antichissima località della Grecìa Salentina, la sua ricetta si tramanda di generazione in generazione e racconta una lunga storia fatta di riti, consivisione e contenuto senza forma. 

La Grecìa Salentina è un’isola linguistica nella provincia di Lecce, dove ancora oggi si parla il griko. Risultato di influenze della lingua neogreca e del dialetto salentino, il griko nel 1999 è stato riconosciuto come minoranza linguistica dal Parlamento Italiano. Dal 2001 è stata istituita l’Unione dei Comuni della Grecìa Salentina che comprende Calimera, Sternatia, Martano, Corigliano d’Otranto, Soleto, Castrignano dè Greci, Martignano, Melpignano, Carpignano, Cutrofiano, Sogliano e Zollino.

 Lo scèblasti di Zollino è un pane di origine antichissima: risale infatti alla Magna Grecia. Nato come pane devozionale venina offerto durante le cerimonie del culto di Demetra – divinità della semina e della campagna – da parte dei contadini, per augurarsi un buon raccolto.

Si presenta come una stuzzicante e bassa focaccia rossastra, un impasto morbido cui vengono aggiunte zucchine, pomodori, zucca, olive, capperi, cipolle e olio. Oggi viene consumato in occasione della festa di Ognissanti, durante la solennità della Madonna Immacolata, l’8 dicembre, e il 24 giugno, festa di San Giovanni Battista.

Secondo alcune fonti il suo nome deriverebbe dal greco ‘schizo’ (tr. dividere, tagliare) e ‘blastesis’ (tr. crescenza, pasta lievitata); per altre dal dialetto locale, il grico, significherebbe ‘senza forma’.

L’impasto, molto morbido, una volta stesso sulla placca o sulla pietra, venina e viene cotto nei tradizionali forni realizzati con le marne calcarenitiche che formano, nel sottosuolo di Zollino, un banco chiamato piromakho (che significa “che combatte il fuoco”).

Era il primo pane che si sfornava all’alba e costituiva la classica colazione dei contadini. La ricetta originale, tramandata di generazione in generazione, è rimasta segreta ma, in alcuni panifici locali, è ancora possibile assaporare il tradizionale scèblasti esattamente com’era un tempo.

In qualche trattoria, masseria o ristorante della Grecìa Salentina viene anche servito come aperitivo o antipasto per stuzzicare l’appetito. Chi non avesse in programma un viaggio in Salento nell’immediato futuro potrà comunque provare a prepararlo in casa. Anche se il nostro consiglio è sempre quello, appena potete, di mettervi in viaggio e aprire di persona gli scrigni salentini che parlano grico, prima che la nostra cultura venga polverizzata dal mixer del tempo.

Volete le date per farlo? Il 2 e 3 agosto di ogni anno la pro loco di Zollino organizza Scéblasti, un evento molto sentito che si svolge lungo un suggestivo percorso che attraversa antiche strade e piazze del centro storico del paese tra antiche case a corte, all’interno delle quali, tappa dopo tappa, si possono gustare le tradizionali specialità della cucina salentina.

La Ricetta codificata

Ingredienti

1 kg di semola rimacinata di grano duro
400 g di zucca tagliata a dadini
400 g di pomodori tagliati a cubetti
200 g di cipolla a pezzettini
150 g di olive nere
25 g di lievito di birra in cubetto
100 ml di olio extra vergine d’oliva
800 ml di acqua
20 g di sale

Preparazione

La prima cosa da fare è sciogliere il panetto di lievito di birra; versate la semola nella ciotola e formate all’interno un foro in cui verserete ancora l’acqua e dentro il lievito.

Incorporate, uno ad uno, tutti gli ingredienti, l’olio extravergine di oliva, il pomodoro a cubetti, la cipolla sminuzzata, la dadolata di zucca, le olive tagliate a metà e private del nocciolo.

Versate l’impasto sulla spianatoia e unite anche il sale. Cominciate quindi a impastare con le mani e in modo energico, utilizzando i palmi. Unite anche il rosmarino spolverizzato sopra.

Continuate a impastare con movimenti decisi, fino a ottenere una palla compatta che coprirete con la pellicola. Lasciate riposare l’impasto per 3 ore dentro al forno spento, con la luce accesa.

Una volta trascorso il tempo di lievitazione, l’impasto sarà raddoppiato. Ungete le mani con poco olio evo e prendete poca pasta, quindi formate una polpetta piatta e rotonda. Adagiate ogni sceblasti su una placca foderata di carta forno e lasciate lievitare ancora un’ora e mezza, sempre dentro al forno.

Trascorso il tempo, ungete le polpette di pane con un filo di olio extravergine d’oliva e cuocete in funzione statica a 180°, per circa 35-40 minuti, in base al vostro forno. Sfornate e presentate il vostro pane tipico salentino che porterà tanto gusto in ogni occasione di festa.

Varianti

Come tutte le ricette antiche e regionali, anche lo sceblasti mantiene una preparazione molto fedele al passato, ma anche alcune variazioni sul tema che ne semplificano il procedimento e ne abbreviano le tempistiche.
Ad esempio, la ricetta antica prevede l’uso del lievito di pasta madre che necessita di almeno 7 o 8 ore di lievitazione. In questa preparazione, invece, abbiamo proposto il lievito di birra che necessita di molto meno tempo per agire, tre ore per l’impasto e altrettante due per completare l’opera prima della cottura.

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Difficile trovare un’unica parola per descrivere “Aquanegra Paravineria”. In una Ex fabbrica di tabacco, i piaceri di una gastronomia di alto rango, braci e carni pregiate, pizza al forno a legna, cucina locale, twist creativi e piatti del giorno a tema mare, ampia selezione di etichette tra vini fermi, bollicine e birre artigianali. Design industriale caldo e sofisticato si collega all’ampio dehor con vista sul campanile del paese.

Si chiama Aquanegra, ma la sua scelta è limpida come una voce che si stacca dal coro, sicura della propria forza. Il nome è un omaggio al vino Negroamaro, Signore delle terre di Puglia, che in salentino veniva chiamato “ACQUA NIURA”. Paravineria (che gioca con la parola “parafarmacia”, riferendosi però a “quella dei sani”) sta invece ad indicare l’importante quantità di etichette nazionali ed internazionali in carta proposte in abbinamento alle grandi carni, salumi e formaggi selezionati di persona dalla proprietà in tutta Italia.

Luca Moriero (in foto) è lo chef e il padrone di casa. Nasce pasticcere e nel tempo rimane sempre più affascinato dalla cucina. Mentre acquisisce nuove abilità e si forma nel gusto della tradizione pugliese, conosce sul lavoro Carlo De Iacob, “metà toscano, metà salentino” ( di cui Vi abbiamo raccontato qui): insieme, e tra i primi a farlo, collaborano alla realizzazione di un format non convenzionale in una terra prevalentemengte vocata al mare, dedicato invece alle prodezze artiginali italiane che popolano bancone salumeria e gastronomia in perenne evoluzione e rotazione.

Complici le orgini toscane di Carlo e l’appassionata attenzione per la ricerca delle materie prime condivisa con Luca, creano un luogo del gusto per carni e braci, pizza al forno a legna e varietà di impasti, cucina salentina e piatti creativi, grandi salumi e formaggi italiani, vini e bollicine.

Territorio, Stagione e Ricerca di materie prime di qualità.

Siamo a una manciata di chilomentri da Lecce, a Castrignano de’ Greci, che appartiene alla storica regione della Grecìa salentina, un’isola linguistica di nove comuni in cui si parla il grico, un antico idioma di origine greca. Tra ulivi, fichi, mandorli e vigneti, Luca qui ha compiuto una scelta forte e di stile, fuori e dentro. Aquanegra, è stata infatti realizzata all’interno di un’ex fabbrica di tabacco: oggi ospita un’ampia sala con cantina a vista per circa 120 coperti.

Una continua e incessante ricerca partita con i primi 2500km in 3 giorni alla ricerca di prodotti di nicchia iataliani e prelibatezze locali come il Provolone di pecora e il Pallone di Gravina, presidio Slow food, la Bresaola di Fassona DOP, il Prosciutto San Daniele del Friuli DOP 34 mesi e il Prosciutto di Norcia IGP 68 mesi e soprattutto la superba Cecina, carne bovina stagionata e affumicata, originaria della Spagna (nota come Cecina di León), ma prodotta di Italia.

Design lineare, materico, caldo. Arredi contract di design progettati su misura; l’energia di questo luogo si irradia a partire dal sontuoso bancone protagonista, dal quale fanno bella mostra di sè pecorini stagionati in grotta, Blu di Fattoria, Prosciutti al taglio e invitanti salumi e insaccati di alto rango. Subito accanto il forno a legna e la generosa cucina che, assieme alla ricercata gastronomia, sono il solido treppiede su cui poggia un menu davvero ampio che, incrociando le abilità, abbraccia le voglie e i gusti di tutti.

Cucina, Brace, Pizza, Banco Gastronomia e Carta dei Vini

Il menu punta in gran parte sulla carne con prodotti provenienti prevalentemente dalla Puglia, ma non solo. Trovano posto infatti sia specialità come l’Entrecôte argentino (frollatura minima 40 giorni) che carni magre come quella del cavallo, da sempre presente nella tradizione culinaria pugliese in ottime versioni.

I primi variano ogni giorno in base alla disponibilità degli ingredienti, ma non mancano i piatti cult rivisitati, come la Cacio e pepe che, a seconda delle stagioni, viene arricchita con carciofo croccante, gamberi crudi o tartare di tonno fresco e crema alla nduja homemade. Tra i cavalli di battaglia di Luca, invece, troviamo le Fettuccine aromatizzate alla carota e all’arancia con un delicato ragù di faraona.

Ma sono i secondi a prendere una menzione speciale, sia per la qualità delle carni lavorate, sia per i prezzi assolutamente accessibili, come per la Costata di Cavallo, il Maxi Hamburger di Puledro, gli Staccetti di Cube Roll danese, Bombette di Martina Franca, Tagliate alla griglia, Entrecte, Fiorentine e Arrosto Misto Aquanegra. (clicca qui per il menu completo)

Ad Aquanegra la passione per la qualità da offrire ai propri ospiti arriva fino alle uova. Qui vengono utilizzate unicamente uova di quaglia, superfood salentino dell’Azienda Agricola di Giovanni Cerullo, a Melpignano (LE), perchè ricche di proteine ad alto valore biologico, vitamine, minerali specifici, un’ottima concentrazione di ferro, fosforo e zinco.

In estate lo chef si sbizzarrisce con il pescato locale che acquista ogni giorno personalmente, creando una “carta del giorno” che annovera piatti come i “fusilloni Monograno Felicetti allo scorfano”, oltre a crudi e tartare.

Last but not least, la pizza. Cotta in forno a legna, preparate con farina rimacinata a pietra, 24h di lievitazione e condita nel segno del sapore attingendo spesso e volentieri dalle prelibatezze dell’angolo norcineria. 

La carta dei vini è stata creata avvalendosi della collaborazione di Marco Guido (proprietario dell’enoteca Wine&More a Lecce) e include circa 200 etichette, per l’85% italiane e quasi tutte disponibili al calice; non mancano ottime referenze internazionali e di champagne.

Lo chef Luca Moriero, pasticcere nell’animo, vanta anche una rigorosa formazione sui dessert (tra i suoi maestri uno dei pasticceri del rinomato Bar Pasticceria Ascalone a Galatina, famoso per i suoi deliziosi pasticciotti) e si occupa quindi anche delle preparazioni dolci, inclusa quella del gelato. Tra le proposte più apprezzate troviamo il Tiramisù preparato a regola d’arte e un dolce ispirato al Caffè leccese (crumble al caffè con gelato al latte di mandorla). Provare per credere.

Aquanegra Paravineria

Via Cesare Battisti 22/24  – 73020 Castrignano dei Greci – T. +39 342 835 0814 – aquanegraparavineria@gmail.com

ORARI: Agosto tutte le sere – Da Settembre aperti dal lunedì alla domenica dalle 19.00 a mezzanotte – chiuso il martedì.
342 835 0814

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Torna a Configno di Amatrice (RI), dopo 3 estati di attesa, la manifestazione dedicata alla riscoperta degli “ANTICHI SAPERI, ANTICHI SAPORI” che si tiene ogni 18 AGOSTO.

Dall’alba al tramonto per le vie del pease, ampio spazio alle tradizioni culturali, artigianali e gastronomiche dell’Appennino centrale, cantine e vecchie osterie aperte per l’occasione, prodotti tipici e stand gastronomici, grandi produttori e il “Mercato dei Liberi Saperi”, passeggiate, foraging e laboratori attivi: e ancora musica, folklore, tanta voglia di ritrovarsi e soprattutto quella di non perdersi.

Di seguito il programma ufficiale della Festa degli “Antichi Saperi Antichi Sapori 2022” ben orchestrata dall’Associazione Configno.

La custodia di un territorio, della sua identità culturale passa necessariamente attraverso il racconto e la divulgazione delle sue tradizioni fondanti. Per questo hanno ancora più valore le inziative che partono dai giovani, coinvolte e coinvolgenti, che rinoscono il valore alle radici per ottere folte chiome e frutti migliori.

L’Associazione Configno, sul territorio da più di cinquant’anni e per sua natura transgenerazionale, si è posta come obiettivo proprio quello di mantenere salde le fondamenta, spronare il passaggio dei saperi e fortificare il legame tra le generazioni per non disperdere la Comunità.

E lo fa davvero, portando avanti progetti e idee concrete che partono da Configno di Amatrice ma abbracciano l’Appenino centrale, assieme alle persone di valore e realtà produttive animate dallo stesso sentimento di appartenza al mondo, quello buono.

La festa

Si chiama “Antichi Saperi, Antichi Sapori”. Avevamo raccontato l’ultima edizione e ci piace l’idea di ripartire da lì. Si tiene ogni 18 agosto per il centro e le vie di Configno di Amatrice (RI). Dalle 9:00 a mezzanotte un fitto programma per assaporare questo territorio e sentirsi parte di una Comunità.

Dall’alba al tramonto per le vie del pease protagoniste saranno le antiche maestranze e conoscenze rese attrattive da workshop e laboratori attivi, con ampio spazio al racconto delle tradizioni culturali e gastronomiche dell’Appennino centrale.

Recupero delle tradizioni, cultura enogastrnomica da toccare e grandi artigiani del territorio.


Funiona così: durante tutta la giornata Configno ospiterà il Mercato dei Liberi Saperi, un mercato che traccia una linea immaginaria che unisce Lazio, Abruzzo, Marche e Umbria. Prodotti caseari e di salumeria, farine da grani antichi e poi miele, pasta e molto altro, tutto proveniente dal lavoro di 16 aziende agricole che resistono in queste difficili quanto straordinarie terre montane.

Ci saranno gli artigiani che mantengono vive antiche tradizioni come la realizzazione di ciaramelle, la produzione di lana, la calzoleria artigianale e la creazione di oli essenziali, oleoliti e saponi con erbe spontanee del territori.

Poi ancora musica, balli, laboratori, incontri e tante attività pensate e tenute da chi queste terre le vive e le valorizza ogni giorno.

Il Mercato dei Liberi e Le Piccole Grandi Aziende dell’ Appennino Centrale

Nato nel 2021, da quest’anno il “Mercato dei liberi saperi” entra definitivamente a far parte della Festa degli antichi saperi e antichi sapori di Configno di Amatrice. Una linea immaginaria che collega tre regioni – Abruzzo, Lazio e Marche – percorrendo le vette dell’Appennino Centrale, dal Gran Sasso ai Monti della Laga, passando per i Pantani di Accumoli per arrivare fino al Monte Ceresa.

Le sedici realtà produttive che esistono e resistono in queste splendide e difficili terre. Sono: Casale Nibbi Azienda Agricola Amatrice; Cooperativa di comunità del Ceresa; Calzolaio Cesarino; Azienda agricola Buon Monte; San Pancrazio; Amatrice – Terra Viva; UBI MAIOR Società Agricola; Berardi Salumi.

E poi ancora Tularù; Azienda Agricola Bio Aureli Antonio e Capanna Paola; Azienda Agricola Fantusi Fabio – Amatrice; Azienda Agricola “Le Terre delle Fate”; Azienda Agricola Casalgentiletile; Pasta all’Uovo LEM di Marisa e Luana; Liuteria Sabatini e L’Azienda Agricola Mauro Gentile – il miele di Nommisci.

Laboratori e Workshop

Le erbe spontanee non avranno più segreti con Arianna Salvi, che Vi porterà a conoscere le erbe “resistenti” che da sempre abbiamo sotto gli occhi ma a cui spesso non sappiamo dare un nome. Con Miguel Acebes dell’Azienda Agricola Tularù potrete mettere le mani in pasta con le farine prodotte da antiche varietà di grano, mentre con l’ Azienda Agricola Bio Aureli Antonio e Capanna Paola potrete preparare formaggio primo sale e ricotta di pecora da portare a casa.


Nel pomeriggio, invece, ci sarà la presentazione di tre libri sui temi dell’ambiente e del territorio, a cui seguirà una tavola rotonda con gli autori Antonio Di Cionti, Savino Monterisi e il gruppo Emidio di Treviri
Dal tramonto alla sera sarà poi il tempo di “una cena poetica”, uno spettacolo musicale di Raffaello Simeoni e Marco Iamele e spettacoli pirotecnici, con Il ballo della pupazza.


La giornata sarà accompagnata dai balli popolari e dalle musiche dei suonatori confignari Tiziano Arigoni, Andrea Angeli, Francesco Angeli, Bryan Mosca. Con il contributo di 6 € sarà possibile finanziare le attività dell’associazione e degustare vino, birra e bevande analcoliche per tutta la durata dell’evento! Tutte le attività previste nel programma sono gratuite.
Last but not least, l’evento è totalmente plastic free! ♻

Non Vi resta che impostare le coordinate e partire alla scoperta delle generose terre di Amatrice!

Info utili

Antichi Saperi, Antichi Sapori

Domenica 18 agosto 2022

dalle 09:00 alle 24:00

Configno di Amatrice

Locandine e Illustrazioni di Margherita Ferracuti

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4, 10 e 18 agosto 2022. 3 date da segnare in calendario e 3 motivi in più per scoprire il Castello di Postignano nascosto tra le valli umbre, il suo borgo mirabilmente recuperato e lo storico forno del popolo che risale alla fine del ‘600.

Nelle date indicate, verranno sfornate pizze “fatt a mestier” da tre maestri dell’arte bianca: Errico PorzioDavide Civitiello e Gianni Senese, in collaborazione con lo Staff del Castello capitanato dallo Chef Vincenzo Guarino.

Tre pizzaioli napoletani per tre appuntamenti che gettano le basi di un nuovo ideale asse tra Campania e Umbria. Messi a punto in occasione de “L’arte della pizza al Castello di Postignano”, evento in programma nel fascinoso borgo medievale tra le segrete valli dell’Umbria, il 4, 10 e  18 agosto Regina indiscussa del Castello di Postignano (di cui vi abbiamo raccontato qui) sarà la grande Pizza Napoletana, che verrà cotta e sfornata dallo storico forno del borgo che, nella sua forma attuale, risale alla fine del ‘600.

A scaldare in campano l’antica pietra refrattaria saranno tre i maestri indiscussi dell’arte bianca: Errico PorzioDavide Civitiello e Gianni Senese.

Errico Porzio, erede di una storica famiglia di pizzaioli napoletani, ha saputo coniugare competenza tecnica ed estro creativo a una straordinaria capacità comunicativa, arrivando ad essere uno di pizzaioli italiani più amati e più popolari; Davide Civitiello, classe 1984, nel 2013 è stato incoronato Campione del Mondo, aggiudicandosi il prestigioso Trofeo CaputoGianni Senese (in copertina con lo chef Vincenzo Guarino), napoletano di nascita, dopo aver girato l’Europa, si è stabilito a Sanremo, dove ha aperto la sua pizzeria e dove non smette di ricercare prodotti e abbinamenti di eccellenza per realizzare i suoi topping.

Ad accogliere i visitatori, per un numero limitato di 50 posti, ci sarà lo staff del Castello.

Il Castello di Postignano (clicca per saperne di più) è un villaggio-albergo diffuso nell’ononimo borgo frutto di una sapiente e meticolosa ristrutturazione d’autore, è inoltre impreziosito dalla presenza da botteghe d’artigianato, Enoteca con Vini e Oli del territorio.

Oltre al Forno del Borgo, ci sono un’osteria contemporanea, La Trattoria Casa Rosa, e La Tavola Rossa, grotta design per una indimenticabile “dining experience” riservata a soli 10 commensali e sede di una esclusiva Academy; dimensioni gestite dallo chef Vincenzo Guarino, affiancato da Maria Massimiani e dal sous chef, nonché esperto di lievitazione, Antonio Della Monica.

La squadra al completo sarà al lavoro, per l’occasione, presso il forno in pietra e mattoni che per secoli ha sfornato il pane per tutta la comunità e che, assieme alla chiesa e alla fontana, è stato uno dei punti fondamentali dell’aggregazione del borgo.

Grazie alla grande opera di risanamento conservativo, nello stesso forno, si preparano pizze partenopee di grande pregio, realizzate secondo i principi di quell’ “arte tradizionale del pizzaiuolo napoletano”, riconosciuta dall’Unesco come parte del Patrimonio culturale dell’Umanità.

Oltre alle pizze, il menu prevederà la degustazione del “cuoppo” tradizionale con croccanti fritture partenopee; mentre la cena si concluderà con l’assaggio di graffette dolci con farciture varie, servite in un contesto da favola e meravigliosa sguardo sulla Valnerina annesso.

SAVE THE DATE: 4, 10 e 18 agosto 2022 / Castello di Postignano / Località Postignano, 06030 Sellano (PG)

Prenotazione obbligatoria. Per maggiori informazioni  0743 788005 o email direttore@castellodipostignano.it

L’evento gode del sostegno degli sponsor tecnici: Mulino Caputoil Mulino di Napoli; la Latteria Sorrentinail Fiordilatte dal 1880;  Ciaoil Pomodoro di Napoli e dalla birra Menabrea, dell’omonima azienda di Biella.

Immagine di Copertina – Gianni Senese e Vincenzo Guarino qui

Immagini Errico Porzio qui / Davide Civitiello qui

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I laghi di Alimini alle spalle. Di fronte il mare turchese otrantino. In mezzo, la macchia mediterranea, il frinire delle cicale, le dune, i gigli di mare tra la sabbia dorata.

Di giorno lido balneare, di sera esclusivo bistrot, Ficodindia Beach & Restaurant è un luogo “esclusivo”, non per le sue pretese economiche ma per l’unicità del suo concetto e per la genuinità delle persone che lo colorano a tinte indelebili.

Chef e patron, Carlo De Iacob, metà fiorentino metà salentino, porta in tavola tavola la sua cucina estemporanea “a tema mare”, che, libera di esprimersi, si reinventa ogni sera per i suoi 25 ospiti, non oltre. Altrimenti verrebbero meno lo slancio creativo e l’attenzione per ciascun convitato.

Apriamo insieme questo scrigno salentino.

“A tavola si conosce l’uomo”. Recita così un antico detto popolare toscano. Ed è vero, in un senso e nell’altro. Osservando con attenzione è possibile decodificare aspetti della personalità di chi condivide la nostra tavola e, se siamo fortunati, si riesce persino captare la sensibilità di chi cucina, ma solo se lo chef ha abbattuto il muro delle aspettative altrui e riesce a trasferire nel piatto il proprio io.

La Cucina di Carlo De Iacob, metà fiorentino metà salentino, è così. Libera, personale, una somma di esperienze gastronomiche ed estetiche.

Sinestesie, rimandi, sensazioni e sapori sull’onda dell’emozione messi a fuoco da tatto, tecnica e sensibilità che definiscono un’identità ossimorica, calma e irrequuieta, solida e mutevole: la sua.

Semplice solo in apparenza, è l’inattesa sorpresa di questo tratto di costa salentina: la spiaggia degli Alimini, tra dune di macchia mediterranea, gigli di mare, frinire delle cicale e mare turchese otrantino.

Il mare non è mai stato amico dell’uomo. Tutt’al più è stato complice della sua irrequietezza.
Jospeh Conrad

Sono arrivato in cucina pian pianino – mi racconta Carlo – di fatto sono fiorentino. Mio padre Architetto, mia Madre Pittrice. Mio zio Orafo. Io ho fatto l’Istituto d’arte, poi Beni culturali all’Università.

Sono rientrato a 16 anni in Puglia. Al Lido dei Pini ho conosciuto Luca (Moriero n.d.r.), che mi ha poi insegnato molte cose sulla cucina tradizionale salentina.

Ma ai tempi facevo il barman per mantenermi gli studi. Mi piaceva molto, ed è stato lì che ho imparato le caratteritiche che deve avere un cocktail, ovvero freschezza, acidità e bocca pulita. Peculiarità che ho trasferito nella mia cucina.

Poi, siccome mi piace studiare, ho fatto anche un corso per diventare Sommelier, poi quello per Sommelier dell’ Olio Evo. Lì ho appreso un altro grande insegnamento riguardo il potere dell’olio e la sua capacità di modificare i piatti a seconda della sua intensità e cultivar. Mi si è aperto un mondo.

Lavorando su questo litorale mi sono innamorato del mare, di questa professione e di questo mestiere. La voglia di aprire FICODINDIA è stata incontenibile. Ho seguito la mia intuizione e nel 2005 abbiamo aperto sulla spaggia degli Alimini.

La Spiaggia degli Alimini, a circa 5 chilometri a nord di Otranto, è a ridosso dei laghetti omonimi. Il canto delle cicale accompagna l’arrivo, così come la fitta macchia a mirto, alloro e ginepro, e la profumata pineta. Il mare, limpido, cristallino, con pennellate di variazioni di azzurro caraibico, è dominato dalle splendide dune di sabbia talcata e da una natura selvaggia e integra.

Ficodindia, è il più piccolo degli stabilimenti di questo selvaggio tratto costiero, e il penultimo dei nati.

Il nome è un omaggio diretto alla pianta simbolo del Mediterraneo: pungente macchia di colore, profilo essenziale, definito e difensivo, nasconde frutti succulenti. Originaria del Centroamerica e naturalizzata soprattutto nell’Italia di mare del Sud – Sicilia, Calabria, Puglia e Sardegna – dopo 17 anni di lavoro (2005-2022), l’immagine del “fico d’india” oggi appare perfetta per definire la dimensione naturale di questo “Beach & Restaurant” legato alla sua sabbia ma non vincolato alla sua terra.

Di giorno stabilimento balneare con tavoli al vento di mare aperti a tutti e un’offerta che punta su piatti semplici come bruschette, friselle, fritture, tartare, insalate e “prodotti da forno” ( o meglio “infornati”) che qui fanno rima con Parmigiana, Millefoglie di pesce spada o Lasagna che inseriscono come “special del giorno”.

Di sera, scende la luce e si accende la cucina di mare. Sofisticata nella sua espressione cromatica e di pulizia d’impiattamenti, il piccolo grande regno di Carlo De Iacob è pensato al massimo per 25 coperti, non di più (semmai, meglio di meno). Oltre quello non accetta perchè cambierebbe il mood del luogo e la dedizione al cliente.

Un lungo percorso che annovera, di base, piatti come Tonno alletterato, cavolfiore in agrodolce e caroselle leccesi; Polpo, crema di carote, carote e pastinaca; Seppie e lime; Gamberi rosa, cipolla rossa di Acquaviva e germogli di pisello; Patata ratta con creme fraiche e caviale; e “Tartare a vivo”. La mia è stata una sontuosa “Tartare di scorfano con caviale di mango e sale Maldon“. I dolci vanno dalla Cupeta Salentina al Tiramisù espresso, al Babà grigliato al timo con crema diplomatica e amarena.

Simone De Siato e Cosimo Russo i suoi due chef di riferimento. Con loro ho un grande scambio di conoscenze, idee, tecniche e qualche citazione nei miei piatti.

L’offerta cambia davvero ogni sera. Pochi coperti e turno unico, perchè si viene qui per rilassarsi. Li sproniamo a fare un percorso. Si può anche scegliere alla carta ma, se il cliente si affida, la nostra gioia è proprio quella di accompgnare l’ospite in una degustazione personalizzata.

Decidiamo a “tu per tu”, in base a quello che ha portato il mare e a come posso caratterizzare quel singolo piatto. Ogni sera è una sfida.

Ad esempio “Polpo alla griglia” è solo un titolo su menu, ma il mio divertimento, anche e soprattutto all’interno dello stesso tavolo, è caratterizzarlo in modo diverso per ogni commensale. Stessa cosa per le seppie, delle quali tengo sacche e fegatini per inventare e divertire con il sapore.

Da Fiorentino amo la carne, il quinto quarto e selvaggina, ma il pesce offre infinite pobilità di combinazioni.

Carne e pesce si mischiano nella mia cucina. Per merenda mia nonna mi faceva i fegatini di pollo, pane e olio. Sono cresciuto con questi sapori. Da una parte la Toscana, dall’altra la Puglia.

Ecco come nascono piatti come la “tartare di tonno con i fegatini di pollo” o l’utilizzo del brodo di pollo nei brodetti di pesce.

Per lui, la cucina di mare è una base, una tela, un punto di partenza con orizzonti multipli da ricercare. Ciò che non manca mai nella sua mise en place sono agrumi e erbe aromatiche, mediterranee ed esotiche. Il mare, la terra, la campagna, la stagione sono la sua ampia tavolozza cui attingere, sono le materie prime che coincidono con le materie artistiche.

La sua cucina lo rappresenta. Il suo piatto icona? Seppia e Lime. La Seppia appare nuda, finta cruda in terra di allievi. Nella sua lucentezza di ceramica, è sola in mezzo al piatto, coperta solo da riccioli di zeste di lime e gocce di Olio Evo di Leccino. Mediterraneo ed esotico, è un piatto di apparente semplice, che nasconde pensiero, tecniche miste e ingannevoli apparenze. Finta cruda, come accennavo, la seppia fa una doppia cottura, una a bassa temperatura, l’altra a vapore. Materia prima di gran pregio, viene servita tipieda. Burrosa al taglio, la sua consistenza è soda, compatta; il lime non è nota aromatica, ma ingrediente calibrato. Così come l’olio Evo, in purezza.

Spiazzate nella sua essenzialità, la sua temperatura fa da tramplino alle note agrumate che si mescolano in aria con quelle del Leccino marcando il tratto dei grandi valori della semplicità e quello di un assioma sempre valido, nella vita come in cucina.


Ficodindia Beach and Restaurant

Contrada Alimini serra 2, 73028 Otranto LE

+39.328.6846443 www.ficodindialido.it

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