Sara De Bellis

Mese: Agosto 2021

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Appassionato e sensibile, quando parla dell’Umbria e delle tipicità di questa piccola quanto ricca regione, il suo sguardo si illumina. 

Paolo Trippini, e il ristorante che porta la firma di famiglia a Civitella del Lago, si conferma essere una meta di grande gusto, piacevolezza e charme del centro Italia. 

Da qui, oltre le grandi vetrate, mescolate in un unico quadro dinamico di bellezza paesaggistica dominato al centro dallo “specchio di Corbara”, lo sguardo domina 3 regioni: il Lazio, l’Umbria, la Toscana. 

Siamo a Civitella del Lago, raccolto borgo di collina in provincia di Terni al confine con il Lazio, in posizione panoramica. Pochi passi dalla piazza per arrivare in Via Italia, 14, dai fratelli Trippini, dove Paolo in cucina e il fratello Luca in sala, hanno messo a punto una regia di bella accoglienza di Famiglia che nulla tralascia al caso.

Una lunga storia la loro. Fu infatti il nonno ad aprire, nel 1964, una trattoria divenuta in breve tempo tappa obbligatoria della zona e che, successivamente, il padre Adolfo trasformò in un locale più moderno e ambizioso.

Cifre stilistiche, approcci e orientamenti ben diverse che si sono sommate trovando, con Paolo e Luca, una nuova e solida equazione tra le pareti senza confini di ciò che rappresenta oggi il Ristorante Trippini: da un lato la voglia di trattenere un alto il livello qualitativo senza flessioni, dall’altro quella di raccontare e lavorare materie prime che ben esprimano la ricchezza di questo generoso territorio. 


“La verde Umbria e le sue colline sono il cuore dell’Italia, da qui parte la mia cucina. I piatti che realizzo sono espressione del mio legame con il territorio, con le sue tradizioni e le materie prime che lo caratterizzano, come il tartufo e i prodotti del bosco” dichiara lo chef Trippini, che dal 2015 è membro dei Jeunes Restaurateurs d’Europe.

Tartufo, olio extravergine di oliva, ortaggi, asparagi selvatici, frutti rossi, erbe aromatiche, carni da cortile, pesce di lago e nozioni della grande tradizione norcina si uniscono in un ideale paniere ricco di meraviglie in una personale idea di cucina.

Liberate la fantasia, scegliete le portate, create il vostro percorso” così recita la Degustazione a scelta tra 4, 5, 6 e 9 portate: Animelle di vitello carote al vermut, bieta; Quaglia imbottita, ricotta “montecristo” e asparagi; Baccalà, pera e peperone; Corona di maiale brado, cicoria, limone e nocciole “casa parrina”; Risotto finocchietto, tinca e yogurt di capra; Tortelli di grana con crema di piselli, ciliegie e caffè;  Tagliolini di segale con gamberi di fiume e fagiolo del piano di Orvieto; Maiale brado, cetriolo e orzo tostato; Petto di anatra, piselli e composta di pomodori; Dolce a scelta dalla carta.

La mano di Paolo Trippini è sempre attenta, forte e delicata, di impatto cromatico e sostanza gustativa. Ne sono un grande esempio tra gli Amouse Bouche i Macaron con patè di fegatini di pollo alla umbra, deliziosa esplosione di dolcezze, cremosità e croccantezza con piccole punte di sapidità; il Risotto finocchietto, tinca e yogurt di capra che trova un nuovo modo di raccontare lago e campagna: nicchie espressive amalgamate dalla piacevolezza in chicchi di un risotto che non teme stagioni; poi le Carni, Maiale, Anatra, Coniglio, di cui Paolo si conferma essere un sapiente interprete.

Una cucina di materia prima e respiro culinario, che non smette di guardarsi attorno, di scoprire, attingere e valorizzare i prodotti questa piccola quanto ricca regione e che conferma il Ristorante Trippini un’immancabile meta gourmet per conoscere l’Umbria e le sue due anime in accordo tra la creativa valorizzazione delle vecchie e nuove radici, e le espressioni di contemporaneità ben applicate.

Ad orchestrare questo concerto ben riuscito oltre a Paolo in cucina, ci sono Conny Cicilano, compagna di lavoro e di vita, e Francesca Matassa; mentre in sala, assieme a Luca, c’è Angela Gentili che assieme garantiscono proposte di una cantina di valide etichette tra blasonate, locali e opzioni brassicole, in un’accoglienza di grande classe e genuinità.

Facciamo un lavoro bellissimo – dichiara Paolo – in cui la passione,
il gusto, il rispetto delle tradizioni e delle materie prime ci rendono artefici della valorizzazione di un patrimonio storico e culturale i cui riconoscimenti ci ripagano di tutte le fatiche.


Per Paolo Trippini, oltre al Ristorante Gourmet di Civitella del Lago, la cucina è un sistema di sfide e nuovi piani professionali che, oltre a vederlo impegnato nei servizi di banqueting nelle storiche location umbre, si arricchisce di formule gastronomiche più scanzonate, attività e laboratori di formazione, oltre al temporary restaurant “Il Bosco Umbro” che ha portato al terzo piano di Eataly Roma una rappresentanza delle bontà di regione in chiave creativa, e nuovi progetti nel cassetto. Ma questa è un’altra storia.

 

Paolo Trippini – Civitella del Lago
via Italia, 14
Civitella del Lago – Baschi (TR)
tel 0744 950316
info@ristorantetrippini.com
Giorno di Chiusura: Lunedì

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Un’oasi urbana all’ultimo piano dell’Hotel Sofitel Rome Villa Borghese, Panoramico Hotel a 5 stelle che offre ai suoi ospiti una cucina ricercata ma autentica, attenta al benessere e al gusto eseguita con cura ed esperienza dell’Executive chef Giuseppe D’Alessio.

Dalla prima colazione al brunch, dall’aperitivo con il tramonto su Roma alle incantevoli cene sotto le stelle, Settimo Roman Cuisine & Terrace vi attende per regalarvi lunghi momenti di piacere e bellezza.

Design contemporaneo, temi floreali, tavoli smaltati, lampade di ottone, stoffe preziose e poltroncine di stile, accolgono in un abbraccio di grande comfort gli ospiti di Settimo Roman Cuisine & Terrace.

In questa atmosfera trasognata e sospesa, a metà strada tra la “La Dolce Vita” romana e il modernismo dell’ “Art De Vivre” francese, dal Settimo piano dell’hotel Sofitel Rome Villa Borghese, lo sguardo è libero di vagare tra cupole maestose e palazzi storici, anche attraverso le ampie vetrate che incorniciano la sala in dialogo aperto con l’esterno, mentre la cucina di Giuseppe D’Alessio si accomoda a tavola.

Le sue radici campane, l’esperienze maturate all’estero, le filosofie stagionali, rendono il menu di D’Alessio ogni volta pensato e improntato sulla tradizione gastronomica del territorio laziale, realizzata con accattivanti, quanto funzionali al gusto, tecniche contemporanee presentati tra l’esuberanza estetica dei motivi tropicali e la concreta voglia di sapore italiano.

L’obiettivo dello chef Giuseppe D’Alessio, e della sua brigata, è infatti quello di lasciare un ricordo importante nella memoria dei suoi ospiti raccontando Roma e il Lazio attraverso il cibo e le materie prime, che vengono scelte con cura per rispondere agli alti livelli di piacevolezza e di aspettative.

Piatti iconici, che raccontano Roma e L’Italia, riconoscibili nel sapore, creativi negli accostamenti, ricercati ma senza eccessi, sia nella presentazione sia nella comprensione. Sapori schietti, uniti per esaltare le caratteristiche di ciascun ingrediente nella ricerca di una cucina che vuole raccontare “la buona cucina dello stivale”.

Il fornitore fa parte della brigata. Lo considero parte del team di cucina, per questo mi affido solamente a produttori selezionati. Con lui deve esserci soprattutto fiducia, come con tutti i miei collaboratori”, racconta lo chef Giuseppe D’Alessio.

Il nuovo menu estivo è colorato, all’insegna del benessere, piatti bilanciati e leggeri, con ricette di stagione in cui si prediligono verdure e pesce fresco tra inni alla cucina Mediterranea, come il Polpo arrostito pomodoro, capperi e origano, la Millefoglie di mozzarella di bufala, melanzane, basilico e pomodori essiccati e il Carciofo alla romana con alici di Cetara e crostini di pane fritti e il Risotto con crema di zucchine romanesche e i suoi fiori con tartare di spigola marinata e aceto di visciole.

Così come le Fettuccine all’uovo “Cav. Cocco” alle vongole con briciole di pane e peperone Crusco, il Carrè di agnello al forno e il Filetto di vitella a mo’ di saltimbocca, cicorietta di campo saltata e stracotto di cipolla, rivisitato nella forma, sapientemente centrato nel sapore.

Aperti a pranzo dal lunedì al venerdì, Settimo, propone una doppia proposta di business lunch, ciascuna di 2 portate: la prima a 29 euro mentre la seconda a 41 euro ( caffè e acqua inclusi) tra classici romani e piatti del giorno che ogni volta racconteranno una regione italianadiversa.

Il sabato, invece, si pranza solo alla carta con l’aggiunta di un piatto speciale pensato dallo chef per l’occasione, mentre solo per la domenica è prevista la formula brunch.

Dopo le ore 16:00 è possibile salire in terrazza anche per un aperitivo glamour (pasteggiando a cocktail con in abbinamento con piccole tapas dalla cucina) oppure per una semplice merenda con tè, tisane, succhi bio e centrifughe espresse, sospesi tra le bellezze della città eterna.

LA COLAZIONE

Tutti i giorni, dalle ore 6:30 alle ore 10:30, l’appuntamento per la colazione da Settimo è diventato un rito immancabile.

Aperto sia agli ospiti dell’hotel sia al pubblico esterno che desidera salire sul rooftop per il pasto più importante della giornata, il servizio della colazione è à la carte con una classica e variegata proposta di lievitati e dolci artigianali tra cui cornetti francesi, pasticceria italiana, crostata di marmellata, torta caprese e ciambellone, arricchita anche da una parte salata con mini baguette, pane casareccio e pizza romana.

E ancora, golose crêpe, french toast o pancake, con topping di sciroppo d’acero o conserve di frutta, oltre a una selezione di yogurt da abbinare a cereali come corn-flakes, muesli, riso soffiato e fiochi d’avena. Immancabile la sezione dedicata alle uova, che arrivano sempre di giornata, e sono disponibili strapazzate, fritte, alla coque, al piatto come omelette con prosciutto, formaggio, funghi e cipolle, solo su richiesta con salsicce di pollo o bacon. Inoltre, il menu è ampliato da contorni di stagione, formaggi italiani e francesi, salumi nostrani e salmone. A completare la ricca offerta, non mancano mai frutta e colorate macedonie, spremute espresse e centrifughe, tutta la caffetteria con espresso, caffè americano, cappuccino, tè e tisane. Su richiesta anche proposte per celiaci come pane e dolci monoporzione.

IL BRUNCH

Ogni domenica l’appuntamento sul panoramico e lussureggiante salotto “en plein air” di Settimo è con il ricco brunch dalle 12:00 alle 15:30: cestino del pane con marmellate e burro, la selezione di salumi e formaggi del territorio, prosciutto crudo di Parma 24 mesi oltre al salmone affumicato con pane integrale tostato. Poi, ancora uova strapazzate, omelette, uova benedettine, contorni di stagione, insalate. Poi la pasta a scelta tra Amatriciana, Carbonara o Pomodoro e basilico, o il roastbeef con patate al forno, verdure ripassate. I dolci sono golosi e invitanti: waffle, pancake o crêpe al cioccolato, french toast oltre alla pasticceria mignon, torte, muffin dolci, sfogliatelle napoletane e frutta fresca.

IL DESIGN

L’architetto parigino Jean-Philippe Nuel ha dato vita a un progetto che racconta la fusione tra cultura francese e italiana. L’ispirazione arriva dalla posizione del ristorante stesso, posto al settimo piano dell’hotel, con lo sguardo che è libero di vagare da San Pietro ai pini di Villa Borghese e di Villa Medici. La natura entra in maniera preponderante nel locale e i temi del progetto sono il dialogo tra l’interno e l’esterno, la natura, la contemporaneità dello stile d’accoglienza e l’esaltazione della convivialità.

BIOGRAFIA | GIUSEPPE D’ALESSIO – CHEF

Salernitano di origine, Giuseppe D’Alessio ha frequentato la scuola alberghiera iniziando da subito a lavorare all’interno di hotel, compagnie e ristoranti internazionali del gruppo Meridien, collezionando numerose esperienze. Prima in Italia e poi in Europa, si è perfezionato nelle cucine di alberghi di lusso in Inghilterra, Francia e Germania, tra i quali due ristoranti stellati Michelin: l’Orrery di Londra e il Jacques Maximin di Vence in Francia. Rientrato a Roma nel 2004 per affiancare l’executive chef alla Terrazza dell’Eden, dal 2011 è lo chef di Settimo, il ristorante panoramico situato al 7° piano del Sofitel Rome Villa Borghese. La cucina di Giuseppe D’Alessio è ispirata alla grande tradizione gastronomica italiana. Le origini campane emergono con forza in ogni proposta, dando ampio risalto alla scelta di ingredienti genuini, selezionati presso produttori di fiducia e a km zero, e alla loro preparazione che coniuga perfettamente la creatività con il rispetto della memoria culinaria nostrana. Perché, sostiene Giuseppe, una volta assaporato, la clientela internazionale deve saper riconoscere il vero carattere della nostra cucina. Sapori essenziali quindi, ricercati con grande competenza per “viziare” il palato dei commensali.“Sono sempre stato incuriosito dalle culture di altri paesi rimanendo comunque legatissimo alla mia: la cucina è il biglietto da visita di un popolo. Dietro all’alimentazione di ogni Paese c’è una storia antichissima e a me piace scoprirla. – racconta lo chef – Lavorare in team così importanti, al fianco dei grandi maestri della cucina come Turner e i fratelli Galvin, è stato un grande stimolo per me”.

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Settimo Roman Cuisine & Terrace

Sofitel Roma Villa Borghese

Via Lombardia 47 – 00187 Roma

Tel. 06.478.022.944

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Sentirsi a bordo di un elegante yacht, pronto a salpare per luoghi esotici e misteriosi. Gustare una cucina di armonia e qualità. Osservare il mare di punto di vista d’eccezione: il Vistamare rappresenta l’occasione per il litorale laziale di un rinnovamento gastronomico, culturale e ambientale.

Nato dall’occasione colta al volo da Gianluca e Roberta Boldreghini, il Fogliano Hotel New Life trova nuove coordinate di bellezza in un grande progetto di restyling e riorganizzazione di spazi e panorami.

“Questo hotel ha da sempre esercitato un irresistibile fascino su di me, un posto incantevole ubicato all’interno del Parco Nazionale Del Circeo tra il mare azzurro ‘Bandiera Blu 2021’ e il lago di Fogliano. – racconta entusiasta Gianluca Boldreghini.

Per me e mia moglie Roberta, compagna di ogni avventura di vita e di lavoro, è stato amore a prima vista e appena siamo entrati nell’hotel, abbiamo capito che era un luogo unico e in cui avremmo potuto dare vita al nostro sogno di accoglienza e ristorazione. Così da un anno, abbiamo cominciato un lungo cammino, che ha come obiettivo l’eccellenza”.

La vita concede occasione, la grande abilità risiede nel saperle riconoscere e cogliere al volo. Così è stato per Gianluca e Roberta Boldreghini (già proprietari di Grancaffè Egidio a Latina) quando, durante una passeggiata in bicicletta, tra il lago di Fogliano e il mare, ritrovano sulla propria strada Il Fogliano, ne percepiscono le potenzialità e decidono di dargli “nuova vita”.

Nasce così il grande progetto di restyling dell’ “Hotel Fogliano New Life” tra la terra ferma e un orizzonte blu: all’interno “il Vistamare”, il ristorante gourmet della riviera laziale che, inaugurando un nuovo corso, vuole fare la differenza.

Da soli non si fa nulla, così, a coordinare e supervisionare il lavoro e l’organizzazione della struttura F&B Manager Giammarco Laghi – che vanta un’esperienza maturata all’estero e un curriculum di rispetto – approda al Fogliano.

La struttura ricettiva si definisce nel suo insieme come un boutique hotel a quattro stelle: 19 camere, di cui due Suite con Jacuzzi in terrazza e vista mare; uno stabilimento balneare con 252 ombrelloni e 119 cabine; due rooftop con lounge bar, Halto Roof e Halto Pool (dotato di due Jacuzzi), due ristoranti legati all’albergo: il Bistrò, aperto dalle 7.00 alle 24.00 – con annessi bar e caffetteria – e il Jungle, ristorante sulla spiaggia aperto a pranzo e a cena, in grado di offrire un servizio calibrato, elegante e veloce guidato dello chef Filippo Cassano.

Ma la punta di diamante del Fogliano, è il ristorante gourmet “Il Vistamare” guidato dall’estro mediterraneo, dalla meticolosità, dalla tecnica e dalla grande armonia di brigata capitanata dallo chef Giovanni D’Ecclesiis.

Il Ristorante – La Location

L’impatto è notevole; la vista si perde davanti a un orizzonte che è solo mare. Poi pareti in cristallo, poltroncine color acqua marina, tavoli in legno laccato alternati a quelli di resina grigia, lisci come le rocce delle Seychelles, a quelli in marmo vetrato che, come uno specchio d’acqua, riflettono l’ambiente circostante; mentre decorazioni di corallo, giochi di luce e motivi floreali accolgono l’ospite in un’atmosfera fresca, carica di comfort ed eleganza.

Sotto la regia dell’F&B manager Giammarco Laghi, ci sono la maître Sommelier Samantha Ceraldi Lando e il maître Angelo Petrongelli, entrambi con un ricco background lavorativo sia nazionale che internazionale, mettono in scena un’accoglienza vera e sapiente, mettendo a proprio agio gli ospiti di una grande sala in grado di ospitare sino a cinquanta coperti.

Dallo scorso aprile, lo chef Giovanni D’Ecclesiis, ha abbracciato con passione il progetto, cucendo punto per punto una cucina di equilibrio e grandi piacevolezze mediterranee.

Porta dentro di sé le sua Puglia, una matrice forte arricchita nel tempo da nuove nozioni ed esperienze professionali, contaminazioni e tecniche fatte proprie per esprimere una cucina equilibrata, energica, felice.

Lo Chef e la Cucina

Le idee sono chiarissime, così come gli ambiziosi obiettivi che D’Ecclesiis si è posto. Prima di tutto formare una brigata che abbia un forte senso di appartenenza e di squadra. 

“Ogni giorno sono con i miei ragazzi per costruire una squadra che duri nel tempo. – spiega lo chef – Ogni elemento è essenziale e si deve muovere all’unisono con gli altri. Ognuno è elemento di un’orchestra. Lavoro per farli crescere stimolandoli, superando i loro limiti dettati dalle paure.

Quando mi portano un problema devono anche sottopormi una personale soluzione e, se non funziona, ne cercheremo una insieme. Non devono dimenticare mai che ognuno di noi ha un talento. Questo lavoro richiede tempo e fatica e se uno sceglie di farlo deve tirare fuori il proprio”.  

Una cucina non prepotente che mira a essere personale ma comprensibile, innovativa ma senza dimenticare la tradizione che parte dalla grande attenzione per la materia prima, selezionata nel rispetto della stagionalità interpretata in menu che cambiano bimestralmente.

Dall’orto voluto da Gianluca e Roberta Boldreghini, provengono infatti alcune verdure e le erbe aromatiche, mentre solo fornitori locali per frutta, verdura e pesce, che assicurano una filiera di prossimità.

Mentre spezie e aromaticità orientali esprimono la breve ma intensa eredità orientale; aziende d’eccellenza quali Longino & Cardenal e Selecta garantiscono le materie prime che permettono all’estro di D’Ecclesiis di giocare con contaminazioni e aromaticità esotiche.

Il ristorante propone un menu alla carta e due percorsi di degustazione: Blu da quattro portate e Oltremare da sette portate; accompagnano il viaggio gustosi grissini al sesamo e panini artigianali al Nero d’Avola, noci o mais, serviti con buon burro.

Si inizia con tre amuse-bouche: Seppia Oro Nero, Come una parmigiana e Culurgiones come un gyoza, in cui il gambero lavorato con salsa teryaki è avvolto da un culurgiones che rivendica la mediterraneità di forma e contenuto.

BLU: “Cannolo di spigola, sedano e melone”, un piatto che rievoca il suo passato di crescita alla corte dello chef Beck, un’esperienza rielaborata che gioca con la dolcezza del branzino e le note non aggressive del pimento di Espellette, riduzione di Porto e un gel al limone; inizio morbido che cresce con gli “Spaghetti AOP, cozze, lime e pecorino croccante” e trova ulteriore conferma nel piatto seguente “Polpo arrosto, BBQ e melanzane alla scapece”. Chiude il percorso il “Fondente al caffè, mascarpone, sorbetto al lampone”.

Ogni tanto mi capita di uscire in sala e guardare il mare. Quando mi sento nostalgico e guardo l’orizzonte immagino qualcosa oltre quella linea, qualcosa che va Oltremare”.

OLTREMARE: Sette portate di sapori dinamici all’insegna della scoperta e del mare. Si inizia con il “Crudo Vistamare”, con il pescato del mare di Ponza e del Circeo, valorizzato da taglio, tecnica e cromatismi: tra tutti la “coppa Martini” in cui viene servita un’ostrica con granita di agrumi e spuma di Margarita.

Dal mare alla terra con i profumi della “Panzanella, carpaccio di ricciola e sorbetto di cetriolo” e l’“Uovo croccante, spuma di pecorino toscano Dop, funghi Shiitake, cacao e tartufo”, che trova nella spuma di pecorino il suo diretto richiamo alla terra con un cuore di uovo fondente, unita alla dolcezza dei funghi Shiitake tra la finissima “sabbia” al cacao.

L’interpretazione della mediterraneità e la tradizione esplodono negli “Gnocchetti di patate in guazzetto di frutti di mare al lemongrass” e nel “Risotto cacio e pepe, fave e capasanta”, lì dove il pepe viene tostato assieme a cardamomo e ginepro tostati. Il “Rombo, pomodoro secco, olive e peperoni arrosto” è una dedica alle origini partenopee della moglie, così come il “Babà al rum con crema inglese alla vaniglia e gelato di pinoli e sale di Cervia”.

La cucina del Vistamare è una cucina di identità, meticolosa, precisa e passionale che esprime la personalità dello chef D’Ecclesiis. Poi l’atmosfera, la cura dei dettagli, la ricerca di un criterio estetico fatto di sostanza ed eleganza. Se l’obiettivo era quello di porsi come un unicum, sia per location sia per offerta enogastronomica, credo sia pienamente centrato.

LO CHEF

Giovanni D’Ecclesiis nasce a Gravina di Puglia e frequenta l’alberghiero di Matera. Sin dal primo anno di scuola, anziché andare a giocare dopo la scuola, preferiva fare piccoli lavori nelle cucine o nei laboratori di pasticceria vicini a casa. Percorre tutta la classica gavetta a partire dalle stagioni estive in Riviera Romagnola, dove conosce diversi chef. Ascoltando i loro consigli si trasferisce in Toscana dove lavora per due anni al Villa San Paolo a San Gimignano, poi presso I Salotti a Chiusi con Salvatore Quarto che lo porta al Relais & Chateaux Banfi a Montalcino, dove conosce Massimiliano Blasone. Una conoscenza preziosissima. Blasone lo prende nel suo ristorante e, dopo aver ripreso la Stella Michelin, lo porta a Londra per l’apertura del locale di Heinz Beck, dove ricopre il ruolo di senior chef di partita. Tornato in Toscana ricopre per cinque anni il ruolo di sous chef al Rosewood Castiglion del Bosco. Qui matura un’esperienza a 360° su tutto il mondo dell’hotellerie di lusso e finalmente, dopo il ruolo di executive chef ricoperto al Relais La Suvera a Casole d’Elsa, il suo viaggio fa sosta nel litorale pontino a Il Vistamare, dove una proprietà fortemente convinta delle sue capacità, della tenacità e della sua costante voglia di evolvere lo mette a capo di un progetto ambizioso che mira a rendere il ristorante Il Vistamare una tappa immancabile per tutti gli appassionati di una cucina gourmet che sappia esprimere la mediterraneità con gioia, tecnica ed eleganza in una location unica.

Foto: Stefano Mileto

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Ad affascinare gli ospiti dell’Imàgo, Ristorante panoramico 1 Stella Michelin dell’Hotel Hassler che troneggia su Trinità dei Monti – iconico Hotel di Roberto Wirth, che ne è proprietario e Direttore Generale – oltre all’ineguagliabile bellezza di Roma Città Eterna che fa da abbagliante scenografia, c’è la grande cucina di Andrea Antonini, Executive Chef.

Chef sulla rotta dell’affermazione del sé, Antonini è un concentrato di carattere, energia, determinazione, studio continuo, riflessioni e creatività, citazioni e nuove idee applicate al cibo.

Cotture, non cotture, prodotti di nicchia e purezza dei sapori, giochi sulla tradizione e continui rimandi alla vera protagonista della tavola che è “l’italianità” di sapiente interpretazione espressa in un crescendo di armonie di stagione.

Cos’è uno chef? Cosa ci si dovrebbe aspettare quando ci si siede ad una tavola stellata? Qual è il giusto approccio? Cosa dovremmo tenere a mente? Qual è lo scopo della cucina d’autore?

Se sia il nutrimento più virtuoso o l’urgenza di esprimersi o esprimere concetti attraverso il cibo, sperimentare tecniche innovative o dissonanze di sapore, è sempre interessante capire in quale contesto si inserisca il pensiero di uno Chef celato dietro ai suoi piatti e quali valori voglia proporre o salvaguardare.

Sedersi alla tavola di Antonini, assaporare la sua nuova fase espressiva è, da questo punto di vista, un’esperienza più simile ad un happening artistico, un nutrimento di idee intelligenti, di necessità che diventano virtù e di nuove energie condensate da tecniche in forme e colori mai prive di contenuto. 

La sua cucina di oggi ha il potere di indurre delle riflessioni, di spingersi in avanti nell’analisi del significato della parola “chef” e su quale sia, più in generale oltre al nutrimento del corpo, lo scopo della della cucina d’autore. 

Riflettendo su quali aspettative sia giusto portare a tavola con sé quando ci si siede ad una tavola insignita della Stella Michelin, sappiamo che per emergere e attirare corpi celesti che brillino di luce propria, non esiste una formula precisa, non ci sono criteri precisi, e che, quando varchiamo la soglia di luoghi straordinari di grande cucina e grande accoglienza, non si parla solo di piatti, di prodotti e di percorsi di affermazione professionale, ma che la differenza la fa l’esperienza, nella sua interezza.

Seduta nella sala dell’Imago ho provato la cucina di Antonini per la seconda volta, nel mezzo, c’è stata la Pandemia. Ho trovato un menu diverso, uno chef diverso. Se il primo approccio al suo desco è stato abbagliante e netto, con un menu che rivelava tutta la sua voglia di affermarsi, mostrare e dimostrare le sue capacità; questa volta ho trovato uno chef di carattere, che ha creato un percorso carico di espressività, grinta, capacità. Un menu che è ponte tra natura e cultura, colore, consistenze e modernità.

Un’orchestrazione ben riuscita, che abbraccia la sala intera, guidata con sicurezza e destrezza da Marco Amato assieme al sommelier Alessio Bricoli, e la cucina, governata da Antonini con il puntuale contributo di Riccardo Romoli, sous Chef, ​​Luigi Senese, Andrea Carbonaro, Mariasole Martella e Adriano Gentiluomo.

Il menu è ampio e parla italiano. Il percorso degustazione articolato, caleidoscopio; bisogna arrivare alla fine per comprenderlo nella sua completezza.

Si presenta come uno di quei disegni dove è necessario unire i punti per avere la risultate dell’immagine, e suggerisce gli spunti per un parallelismo gastronomico – musicale in un percorso personale da scomporre e ricomporre come ne “Le quattro stagioni” di Vivaldi.

Queste le prime note di Entrata: Riccio di mare, la Carbonara, la Lattuga, la Kombucha, Crocchetta di baccalà, Bouquet di erbe. Una ouverture di assoluto effetto che assicura un’esperienza multisensoriale di spessore.

Abbiamo deciso di cuocere il pane all’arrivo del cliente, mostrandolo ancora crudo al suo arrivo e che, dopo esattamente 35 minuti, arriva al tavolo ancora “scricchiolando”. Poi grissini, “Pizza, mortadella e maritozzo” come omaggio a Roma.

L'estate. Crudo Misto all’Italiana: Ostrica e champagne; Pralina di Bloody Mary; Gambero rosso in caprese; Cetriolo di mare alla mediterranea; Calamaro, fiore di zucca e arachidi; Tracina, pesca e fegatini di pollo. Per i suoi toni accesi e decisi, questo primo “concerto visivo e sensoriale”, riflette con maggiore efficacia rispetto agli altri la carica esplosiva della stagione, regno di mare e freschezza.

L’Autunno, con i suoi i ritmi scanditi della caccia, dal bosco e la sua “Carne cruda alla pizzaiola, latte fermentato, nocciole e salsa bernese alle erbe”; Poi, “Ravioli scampi e porcini”, trasognati bottoni ripieni che anticipano la stagione che verrà tenendola legata all’estate attraverso alle dolcezza dei crostacei.

L'inverno, in questo percorso viene ben rappresentato dalConiglio alla cacciatora”, valorizzazione inedita di una carne da cortile, lavorato magistralmente tanto da assumere consistenze addirittura simili a quelle delle carni marine.

Poi il dessert: “Pera, ricotta e cioccolato” e la piccola pasticceria che, dopo una pioggia di “pop corn”, arriva e accompagna la serena accettazione del rigido clima invernale. 

La primavera, rappresentata dagli “Spaghetti ai ricci di mare affumicati e pecorino”, quando le gonadi sono maggiormente sviluppate e il periodo di raccolta dei ricci di Mare è migliore nei mesi invernali e primaverili, Poi, “Riso rosa, gamberi gobbetti, stracchino e barbabietola”, che portano con in sé gli elementi cromatici accesi, i prodotti della terra che rinasce, quelli della tradizione agropastorale e le note miti del mare che verrà.

Che rapporto hai con la cucina?

Passionale. Ogni menu è un amore a sé, un lavoro chiuso su se stesso. Ha una sua propria storia, una sua genesi e, una volta messo a punto lo vivo fino in fondo, poi lo metto da parte, e già vorrei iniziarne un altro. 

Cosa hai maturato in questo anno e in quale direzione stai andando?

In questo difficile anno appena trascorso, sicuramente ho maturato tanta consapevolezza. Tutti noi, a questi livelli, eravamo abituati ad avere molti comfort in cucina che si sono rivelati non essere strettamente necessari per ottenere risultati convincenti. Si può lavorare bene anche senza essere 12 in cucina e, per assurdo, coordinandosi alla perfezione, forse anche meglio.

Raccontami l’idea della “lattuga in sala”.

Ho trovato questo fornitore che mi manda dei germogli che io faccio crescere fino ad essere una piccola lattuga. La guardavo, non sapevo come valorizzarla. Da lì l’idea di servirla a tavola ancora viva. Il concetto è di servire al cliente un prodotto il più fresco possibile connesso all’idea di estate, di stagione, che terminiamo con maionese ai capperi, limone, “polvere di cacciatora” con olive, capperi e rosmarino; sopra dei fiori e erbe  acide come acetosella e fresca come la menta.

Oltre l’interpretazione che ognuno può dare, e le armoniche assonanze di sapore, qual é il messaggio che hai messo nel tuo menu?

E’ un menu scritto e ideato in pochissimo tempo. Abbiamo avuto tanto tempo per pensare e poco per fare. Appena ho potuto avere il contatto vero con la cucina, toccare ingredienti e materie prime, è arrivata l’ispirazione. Il concetto che lega tutti i piatti è quello, nonostante le difficoltà affrontate, è stato quello di aver costruito un menu solido, che funziona, di grande qualità e grande creatività.

Qual è la differenza con il tuo primo menu?

Il primo menu era un menu fortemente influenzato dalla paura di sbagliare. Adesso c’è più serenità, più estro, più libertà. Le capacità sono le stesse.

Dove sta andando la cucina italiana?

C’è una grandissima evoluzione, il livello della “nuova guardia” è alto, sono tutti incredibilmente preparati a livello tecnico, con la possibilità che hanno di costruire la propria preparazione nelle cucine più diverse e tornare con grandi bagagli. Ma non amo le tendenze, le mode forzate, tecniche utilizzate solo per stupire. Ho un grande amore e rispetto per la cucina italiana classica, che mi piacerebbe non perdesse mai la sua grande identità.

Su quali principi ti sei basato per costruire oggi la tua personale visione di cucina?

I principi sono sempre i miei, quelli legati alla grande cucina italiana. Creare un menu dove non siano inseriti e lavorati ingredienti esteri, blasonati, di facile richiamo, non è semplice. Le tecniche che ho appreso nel mio percorso, il bagaglio che custodisco, mi serve per mia cultura personale, è un bacino al quale attingo per dare forma alle mie idee: il mio intento è quello di appagare i nostri ospiti con qualcosa di complessa costruzione che però in appaia il più semplice possibile.

Tra poco è San Lorenzo. Pensi possano raggiungerti nuove stelle?

Per il lavoro intenso che abbiamo fatto fino ad oggi, per il concetto che stiamo portando avanti tutti insieme, saremmo più che felici di ricevere un nuovo riconoscimento. Ma non voglio fare previsioni; logiche e criteri di attribuzione non sono di mia pertinenza. Posso solo dire che l’Imago viaggia ad un livello altissimo, che il menu piace, e che tutto è in equilibrio di scambio e condivisione tra sala e cucina: tutti noi speriamo solo che questo arrivi ai nostri ospiti e a chi dovrà giudicarci. Nell’attesa continuiamo ogni giorno a proporre il nostro meglio.

Photocredits – Alberto Blasetti – www.albertoblasetti.com

Imàgo

Piazza Trinità dei Monti, 6 – 00187, Italy |Dal Martedì al Sabato: 19:00 – 22:30. Chiuso la Domenica ed il Lunedì. Contatti:imago@hotelhassler.it
Tel. +39 06 699 34726
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